LA SETTIMANA SANTA A CAGLIARI – 14 MARZO – 3 APRILE 2016 Reviewed by admin on . Fin dal XVII secolo, per vederne l’apice nei primi decenni dell’Ottocento, i riti della Settimana Santa a Cagliari  fanno rivivere i momenti più significativi d Fin dal XVII secolo, per vederne l’apice nei primi decenni dell’Ottocento, i riti della Settimana Santa a Cagliari  fanno rivivere i momenti più significativi d Rating: 0

LA SETTIMANA SANTA A CAGLIARI – 14 MARZO – 3 APRILE 2016

settimana_santa_2016

Fin dal XVII secolo, per vederne l’apice nei primi decenni dell’Ottocento, i riti della Settimana Santa a Cagliari  fanno rivivere i momenti più significativi della Passione del Cristo e la Morte di Gesù. Come molte località della Sardegna, anche Cagliari celebra la Pasqua (Sa Pasca Manna, così chiamata in contrapposizione a Sa Paschixedda, il Natale), accompagnando le cerimonie previste dalla liturgia ufficiale con altre di cui i cagliaritani sono custodi da secoli. È grazie a queste celebrazioni che si mantiene viva una tradizione secolare, svolta nei quattro quartieri storici di Cagliari: Castello, Stampace, Marina e Villanova, con le loro parrocchie.

Come nell’Ottocento, ancora oggi, le celebrazioni cagliaritane della Pasqua si aprono il venerdì precedente la Domenica delle Palme, detto di Passione, con l’uscita dei cosiddetti Misteri.

I Misteri sono sette statue lignee, realizzate nel 1758 dallo scultore sardo Giuseppe Antonio Lonis. Rappresentano i principali momenti della passione di Gesù (nello specifico l’Agonia nell’Orto, la Cattura, la Flagellazione, la Coronazione di spine, il Viaggio al Calvario e la Crocifissione) e la Madonna Addolorata.

DEPLIANT SETTIMANA SANTA 2016 CAGLIARI

LE CONFRATERNITE

Lunedì di Passione

Nel tardo pomeriggio del Lunedì di Passione, l’ultimo prima della Domenica delle Palme, i confratelli del Santo Cristo aprono la nicchia che nel loro oratorio custodisce la statua della Madonna addolorata, la estraggono e la depongono ai piedi dell’altare maggiore.

Viene quindi il turno delle consorelle, che  la spogliano del suo abito ordinario per farle indossare una sontuosa veste di seta rossa con un mantello blu.

Nei giorni precedenti, anche gli altri sei Misteri sono stati prelevati dalle loro nicchie e preparati per essere condotti in processione.

Particolare cura ed impegno richiede l’allestimento di quello che rappresenta la preghiera di Gesù nell’orto del Getzemani. Per il simulacro del Cristo inginocchiato a terra, infatti, viene creata una speciale ambientazione scenografica inchiodando sulla portantina un grosso ramo d’ulivo. Anno dopo anno, per i confratelli, è un punto d’onore trovarne uno sempre più grande. Alle sue fronde viene quindi appesa la figuretta di un angelo che porge a Gesù il calice dell’amarezza.

Queste cerimonie sono del tutto assimilabili ad altre analoghe che si svolgono sia in Spagna sia in vari centri dell’Italia meridionale. In particolare a Trapani, cornice di una tra le processioni dei Misteri più sontuose al mondo, nei sei venerdì di quaresima viene effettuata la scinnuta, cioè l’estrazione dalle rispettive nicchie di altrettante statue che, una per volta, vengono portate in processione per la città allo scopo di raccogliere offerte.

 

Venerdì di Passione

La Processione dei Misteri, che si svolge a Cagliari il Venerdì di Passione, si snoda per le strade dei più antichi quartieri di Cagliari, toccando progressivamente 7 chiese. In ciascuna entra uno dei Misteri, secondo l’ordine cronologico della passione, per una visita al Santissimo accompagnata da una breve meditazione e il canto di un inno. Il simulacro viene sempre accompagnato all’interno dell’edificio sacro da quello dell’Addolorata, mentre gli altri sostano all’esterno consentendo ai portatori qualche minuto di riposo.

Il corteo, che prende avvio dall’oratorio del Santo Cristo alle ore 16, è aperto da s’andadori (il messo) della confraternita, preceduto da uno o più tamburini. Segue, affiancata da due portatori di fanale, la “croce dei misteri” o “degli attrezzi”, in origine lugubre insegna delle compagnie di penitenti o flagellanti. Vengono quindi i vari gruppi statuari, che i confratelli si caricano a spalla montati su speciali portantine. Tra il Cristo caduto sotto la croce e il Cristo crocifisso coperto da un piccolo baldacchino viola, trova posto la grande croce nuda in legno dipinto di nero de s’Incravamentu, portata per penitenza da un devoto che impersona il Cireneo.

Le varie tappe della processione sono scandite dalle folte “masse” (gruppi) di cantori facenti capo all’arciconfraternita, suddivisi per tipologia vocale, che intonano lugubri cori adatti alla circostanza.

L’itinerario, di anno in anno, è suscettibile di piccole variazioni. In genere però, passando per via Piccioni e via San Giovanni, esso raggiunge dapprima la chiesa dedicata al Battista. Di qui, lungo la stessa via San Giovanni, si immette nella piazza Costituzione, piazza Martiri e via Manno, per scendere fino alla chiesa delle monache Cappuccine. Passando per via Cima, via Manno, piazza Yenne e via Azuni, viene quindi raggiunta la parrocchiale di Sant’Anna. Toccata la vicina chiesa di Sant’Efisio, riattraversata la piazza Yenne e infilata a ritroso la via Manno, entra nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Risalito fino a piazza Costituzione, imbocca la via Garibaldi che viene percorsa fino al portico Romero. Lungo via San Domenico raggiunge la chiesa omonima, per poi tornare indietro fino alla parrocchiale di San Giacomo.

 

Domenica delle Palme

Le processioni con le statue dei Misteri avevano l’evidente funzione di introdurre i fedeli nel clima della Settimana santa, preparandoli nello specifico ai giorni del Triduo pasquale nei quali vengono direttamente rievocati tradimento, arresto, passione, morte e resurrezione di Gesù.

Il primo atto del dramma ha luogo la Domenica delle Palme. Nelle prime ore del mattino in tutte le parrocchie cittadine si rievoca l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, con una processione nel corso della quale i fedeli agitano rami di palma elegantemente intrecciati con antica maestria.

Terminati gli adempimenti liturgici, a mezzogiorno, gli appartenenti all’Arciconfraternita della Solitudine si ritrovano nella chiesa di San Giovanni Battista a Villanova, loro sede. Uno splendido crocifisso a grandezza naturale che, ordinariamente, si conserva nella terza cappella a sinistra, viene staccato dalla parete ed adagiato nella cappella di fronte.

A compiere l’operazione sono alcuni confratelli rivestiti dell’abito penitenziale, che salgono sulle scale e toccano il simulacro, coadiuvati da altri rimasti in borghese. Il crocifisso viene quindi venerato da tutti i presenti, mentre la massa corale di San Giovanni esegue alcuni canti. Il successivo Mercoledì santo, poi, nel corso di una cerimonia semipubblica, il simulacro verrà amorosamente lavato e profumato a cura delle consorelle.

 

Martedì Santo

La più antica processione dei Misteri celebrata a Cagliari (dal 1670) si svolge nel pomeriggio del Martedì santo.

Il corteo prende avvio alle 15 dalla chiesa gesuitica di San Michele a Stampace, sede dell’antichissima Congregazione degli Artieri o degli Artisti. I simulacri in uso, pressoché identici a quelli appartenenti all’Arciconfraternita del Santo Cristo, furono realizzati anch’essi da Giuseppe Antonio Lonis, negli anni finali del Settecento. Al loro trasporto lungo le vie cittadine collaborano le arciconfraternite del Gonfalone, della Solitudine e del Santo Cristo. Con alla testa i tamburini, la “croce degli attrezzi” propria del sodalizio e gli elementi del coro, la processione discende la via Azuni per una prima sosta obbligata nella chiesa di Sant’Anna, parrocchiale del quartiere di Stampace. Da questo momento il percorso varia di anno in anno anche se in genere, attraversata piazza Yenne, imbocca via Manno per condurre al monastero delle Cappuccine. Passando per via De Candia viene raggiunta la cattedrale. Di qui, scendendo lungo la via Canelles e la via Mazzini, si arriva in piazza Costituzione, e, percorrendo via Sulis, fino alla parrocchiale di San Giacomo. Comincia quindi il viaggio di ritorno lungo via Principe Amedeo e la via Dettori, con prima destinazione alla chiesa di Sant’Agostino. Risalite via Baylle e via Azuni si arriva alla chiesa di Sant’Efisio, per ritrovarsi ormai nottetempo al punto di partenza.

Anche in questo caso in ciascuna delle sette chiese entra un solo Mistero per volta, accompagnato sempre dall’Addolorata, nel solito ordine: Agonia nel Getzemani; Cristo catturato; Cristo flagellato; Ecce Homo; Salita al Calvario; Cristo crocifisso; penitente che impersona il Cireneo trasportando a spalla una grande croce nuda di legno nero. Segue la Madonna addolorata, preceduta dal corteo delle consorelle del Santo Cristo che inalberano la loro particolare croce di penitenza.

 

Mercoledì Santo

La cerimonia che si svolge il Mercoledì santo, nell’oratorio del Santo Cristo, alle ore 17 è ancora oggi particolarmente complessa.

La Madonna addolorata, reduce dalla prima processione dei Misteri, viene nuovamente posta dai confratelli ai piedi dell’altare maggiore. Le consorelle la spogliano degli indumenti colorati che aveva indossato per il Venerdì di Passione e, lasciatala in camicia, l’avvolgono di cotone profumato.

La statua viene quindi rivestita con le lugubri vesti del lutto, ancora una volta secondo l’antica moda spagnola. Si hanno così camicia e sottogonna nere; blusa e gonna con plissettatura anteriore bianche; cuffia che racchiude completamente i capelli; soggolo; lungo velo nero. Un fazzoletto bianco trapunto di croci nere, simbolo delle lacrime versate da Maria sulle piaghe di suo Figlio, è poggiato su entrambi gli avambracci, mentre le mani si intrecciano nello spasimo di una sofferenza tanto profonda quanto drammaticamente inane.

Una vestizione analoga, a seguire, viene effettuata dall’Arciconfraternita del Gonfalone nella chiesa di Sant’Efisio a Stampace. Alle 17,30 le consorelle estraggono dalla sua nicchia la statua della Madonna addolorata appartenente al sodalizio. Questa indossa sempre vesti nere che, impolverandosi di anno in anno, in occasione della Settimana santa vengono cerimoniosamente mutate.

Contemporaneamente, i confratelli provvedono a collocare nella sua lettiga processionale un grande simulacro del Cristo morto, e a vestire a lutto la celebre statua di Sant’Efisio scolpita da Giuseppe Antonio Lonis. Al simulacro del martire guerriero viene fatto indossare un mantello di seta nera, mentre sull’elmo il solito vaporoso cimiero di piume a vivaci colori viene sostituito con un altro, a sua volta nero. A una bandoliera nera viene ora assicurata anche la spada d’argento pendente sul fianco sinistro.

 

Giovedì Santo

Mentre la Chiesa ufficialmente si appresta a celebrare la messa in Coena Domini, che commemora il sacramento dell’amore e l’istituzione dell’Eucaristia, le confraternite procedono alla cerimonia de s’Incravamentu, la crocifissione di Gesù, che nella realtà storica ebbe luogo il giorno successivo.

Nell’oratorio del Santo Cristo in San Giacomo, alle ore 15.30, una grande croce di legno nero viene posta al centro dell’aula. Si estrae dal loculo sotto l’altare maggiore l’urna a vetri che custodisce un Cristo dalle braccia snodabili, il quale viene inchiodato alla croce. Un sacerdote recita alcune preghiere e si comincia a rivestire il Crocifisso con fasce di bambagia intrisa di profumi, fino a ricoprirlo completamente. Subito dopo le bende vengono tolte e il cotone distribuito ai presenti. Viene quindi applicata la corona di spine. Il simulacro infine, circondato di lumi, fiori e i piatti con su nenniri (piantine di grano fatte germogliare al buio, che assumono il caratteristico colore biancastro), è fatto oggetto di una vera e propria veglia funebre. Si assiste  alla crocifissione e immediatamente dopo, saltando innalzamento della croce e deposizione, all’imbalsamazione del Cristo e al breve compianto che ne precedette la frettolosa sepoltura. Significativamente quest’ultimo rito, prolungato per tutta la notte, viene chiamato de su Monumentu, nome che nella lingua sarda antica designava la tomba.

Di lì a poco (ore 16) un’analoga cerimonia sarà celebrata nella Chiesa di San Giovanni Battista dall’Arciconfraternita della Solitudine. Il grande Cristo crocifisso con gli arti snodabili viene prelevato dalla cappella laterale, ove era stato deposto la Domenica delle Palme, per essere solennemente offerto alla venerazione dei fedeli al centro dell’aula circondato da lumi, fiori e nenniris.

Un picchetto di confratelli monta la guardia d’onore fino a notte inoltrata.

I confratelli del Gonfalone, invece, in adempimento di un voto formulato probabilmente nel XVII secolo, portano la bella statua di Sant’Efisio a visitarne sette. Si tratta quindi di una Visita delle sette chiese nella sua formulazione più consueta. La suggestiva processione notturna, al lume delle fiaccole, prende avvio da Stampace alle ore 20.

Pur soggetto a variazioni annuali, l’itinerario tipo prevede una prima tappa nella chiesa di Sant’Antonio Abate, in via Manno, raggiunta dopo aver percorso via Sant’Efisio, via Azuni e piazza Yenne. Di qui, lungo la via Manno e la via Cima ci si reca al monastero delle Cappuccine. Percorsa a ritroso via Cima si sale in piazza Martiri e attraversata piazza Costituzione, lungo viale Regina Elena e Via San Giovanni, si giunge alla chiesa dedicata al Battista. Scendendo in vico San Giovanni e via San Giacomo si visita quindi l’oratorio del Santo Cristo. Passando per la via Sulis si torna in piazza Costituzione, dalla quale si imbocca l’ultimo tratto del viale Regina Margherita. In cima a via San Salvatore da Horta si visita la chiesa di Santa Rosalia, e dopo essere discesi lungo via Principe Amedeo, piazzetta Dettori e via Dettori si entra nella chiesa del Santo Sepolcro. L’ultimo tratto di strada, attraverso via Savoia, piazza Yenne e via Azuni, conduce alla parrocchiale di Sant’Anna, dalla quale si fa ritorno a Sant’Efisio.

Il cerimoniale prevede che la statua del martire venga introdotta in ciascuna chiesa e posta in adorazione di fronte al “sepolcro” con l’Eucaristia o al “monumento” con il Cristo morto, mentre i fedeli ascoltano una breve omelia proposta dal sacerdote accompagnatore.

Stando a un anonimo poema in lingua sarda logudorese, pubblicato a Cagliari nel 1787, questa processione trarrebbe la sua origine da un fatto miracoloso. Sant’Efisio, in aspetto minaccioso, sarebbe apparso «in su Porcxu de Bolonha» (oggi portico Lamarmora, nel quartiere di Castello) a un uomo che intendeva fare strage degli abitanti di Cagliari, gettando un potentissimo veleno nelle acquasantiere di tutte le chiese cittadine. Impressionato, l’attentatore rinunciò al proposito e corse a confessarsi rivelando l’intero l’accaduto. Era il Giovedì santo di un anno imprecisato, ma dall’accenno all’odio inestinguibile nutrito dal tristo contro la città di Cagliari si dovrebbe verosimilmente pensare al pieno Seicento, fase acuta della dura controversia campanilistica che oppose a lungo Capo di sopra e Capo di sotto della Sardegna. Da allora, in segno di riconoscenza, nel giorno anniversario dell’avvenimento l’Arciconfraternita del Gonfalone conduce in visita alle Sette chiese la statua di Sant’Efisio anziché, come sottolinea il poeta, quella dell’Addolorata.

Il riferimento è alla nota tradizione pansarda de sas chilcas (le ricerche): la notte del Giovedì santo, dopo la messa in Coena Domini e la reposizione dell’Eucaristia nei cosiddetti Sepolcri, in molti centri dell’isola le statue della Vergine dolorosa e delle altre Marie vengono portate in processione notturna di chiesa in chiesa, a rievocare l’angoscia che colse le discepole una volta appresa la notizia dell’arresto di Gesù.

Diversa la versione della vicenda nota nell’Ottocento a Giovanni Spano. In origine, secondo il canonico, protagonista della processione sarebbe stata la statua comunemente nota come Sant’Efis sballiau, perché stringe la palma del martirio con la mano destra anziché con la sinistra e indossa non l’armatura ma una semplice tunica. In questa foggia “alla greca” il santo protettore di Cagliari sarebbe apparso in sogno al vicerè Filippo Pallavicino di Saint Remy, nei primi anni della dominazione sabauda della Sardegna (1720 circa), per avvertirlo di un tentato avvelenamento dei pozzi in Castello

 

Venerdì Santo

La cerimonia in assoluto più amata, nell’odierna Settimana Santa cagliaritana, è il solenne trasporto del Cristo crocifisso dalla chiesa di San Giovanni Battista a Villanova verso la cattedrale, in Castello, effettuato nel primo pomeriggio del Venerdì santo. Solitamente, fin dalle prime ore del giorno, un folto gruppo di donne rimane in attesa, fuori dal portone, per assicurarsi il privilegio di contribuire al trasporto del pesantissimo simulacro.

La processione, appannaggio dell’Arciconfraternita della Solitudine, prende avvio da San Giovanni alle ore 13. Il corteo è strutturato come quello che in antico provvedeva ad accompagnare al patibolo i condannati a morte. Due tamburini, in testa, suonano una marcia funebre, seguiti da altrettanti stendardi neri sui quali sono dipinti tutti i simboli della passione di Cristo. I confratelli provvedono anche al trasporto di quattro ornatissimi fanali in argento sbalzato che inquadrano, al centro della strada, le due croci “di penitenza” dei confratelli e delle consorelle. Le due file parallele di queste ultime, vestite completamente di nero e con il volto velato, accentuano l’atmosfera luttuosa del rito. Come in occasione dei funerali, ciascuna porta in mano una candela accesa.

La loro duplice schiera scura sembra quasi voler fare da contrasto alla statua colossale del Crocifisso, trasportata da decine e decine di fedeli che le si assiepano attorno con le mani tese, cercando di toccarla. In segno di venerazione i confratelli tendono sopra di essa un ampio baldacchino: di colore bianco e ornato di simboli eucaristici però, non a lutto, a significare che la morte di Cristo deve considerarsi un dono per la vita, nella speranza della resurrezione. Viene quindi il simulacro della Madonna addolorata, ai cui piedi due bambini in costume impersonano l’apostolo San Giovanni e Maria Maddalena.

Chiude il corteo la folta massa dei cantori in saio bianco, che ad ogni tappa intona una serie di lugubri e struggenti inni ai patimenti di Cristo e di Maria, in lingua italiana, quasi tutti settecenteschi e di matrice colta. Dopo aver raccolto al suo passaggio centinaia di persone, in corrispondenza all’ora della morte di Gesù secondo i vangeli, le 15, il crocifisso fa il suo ingresso solenne in cattedrale.

Dal 2007 è stata ripresa la cerimonia del suo innalzamento, sopra il presbiterio, interrotta da tempo ormai immemorabile. Ricevuta l’adorazione e il bacio di tutti i presenti, il simulacro viene quindi calato e deposto al centro del transetto settentrionale, dove rimane in venerazione fino al giorno successivo. Subito dopo l’Addolorata, con tutta la confraternita, fa ritorno a San Giovanni.

In quegli stessi momenti, alle 4 del pomeriggio, dall’oratorio del Santo Cristo in Villanova l’omonima confraternita guida un’altra processione del Crocifisso, che si svolge seguendo un cerimoniale del tutto analogo. Si hanno quindi il tamburino, la “croce dei misteri” affiancata da due fanali, la massa corale, il Cristo in croce posto sotto un baldacchino bianco.

Anticamente s’Incravamentu e su Scravamentu venivano effettuati anche presso le parrocchie di Marina e Stampace. A conservarne memoria, però, oggi è solo quest’ultima, nella chiesa di Sant’Efisio. Alle ore 20 i confratelli del Gonfalone, al lume delle fiaccole, compongono una processione portando sulle spalle la lettiga di legno laccato e dorato in cui giace un grande Crocifisso a braccia snodabili, parzialmente rivestito dei lini funebri. Segue l’Addolorata, con l’accompagno anche in questo caso di due bambini travestiti da San Giovanni Evangelista e Santa Maria Maddalena. Il corteo, in un suggestivo e commovente gioco di luci, percorre le principali vie del quartiere prolungandosi fino a notte inoltrata.

 

Sabato Santo

Il Sabato santo, nella realtà storica, fu un giorno di silenzio e di attesa. Attesa della resurrezione, avvenuta nelle prime ore della Domenica di Pasqua.
Non così nelle tradizionali rievocazioni cagliaritane della passione.

Per motivi pratici, posticipando di molte ore l’effettiva successione cronologica degli eventi, esse dedicano la mattina di questo giorno alla cerimonia de Su Scravamentu. Alle 8.30 nella parrocchiale di San Lucifero, a cura dei confratelli del Santo Cristo che in questo momento rappresentano Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, il Crocifisso con le braccia snodabili viene schiodato dal suo patibolo e deposto in un’elegante lettiga. Le consorelle, quindi, stendono sul catafalco un sottile velo di pizzo bianco. Legandone le quattro estremità con fiocchi neri simboleggiano la chiusura del sepolcro, che rimarrà esposto al centro della chiesa fino a sera.

Alle 10 la stessa cerimonia viene ripetuta in cattedrale dall’Arciconfraternita della Solitudine.

Contemporaneamente, nell’oratorio del Santo Cristo, si comincia a respirare un’atmosfera di gioia. Le consorelle, appena ritornate da su Scravamentu, vestono a festa la Vergine Gloriosa. Operazione abbastanza semplice. Gli si deve soltanto far indossare un manto celeste e ravvivare l’acconciatura, cui viene sovrapposto un velo bianco fermato da una corona imperiale. I confratelli, nel mentre, estraggono dalla sua nicchia la statua del Risorto.

L’unità di tempo torna ad essere stravolta nel pomeriggio.
Alle 16.30 l’Arciconfraternita della Solitudine risale in Castello per la cerimonia de S’Interru, il rientro del Cristo morto. Una staffetta di confratelli si è già presentata in cattedrale entro le 15, a reclamare il possesso del simulacro che altrimenti, secondo la tradizione, passerebbe di diritto al capitolo canonicale. Nucleo del corteo è in questo caso la Madonna addolorata.

Convenzionalmente, l’immediata successione cronologica rispetto agli eventi del mattino si esprime con i due bambini impersonanti San Giovanni e la Maddalena, che riportano sul simbolico monte Calvario i tre chiodi e la corona di spine. Di fronte alla bara Maria dismette la sontuosa raggiera in argento di cui solitamente è adorna, per indossare il serto di rovi con cui suo Figlio era stato deriso e martoriato.
Il corpo morto di Gesù, avvolto nella sindone, viene quindi accompagnato al sepolcro con una lunga processione notturna per le vie della città. Stavolta ai confratelli spetta il compito di trasportare la lettiga con il Cristo e la grande croce rimasta nuda, mentre i fedeli si alternano a sostenere le aste del baldacchino.
Nelle stesse ore sfilano in processione per le strade di Villanova anche i confratelli del Santo Cristo, che riportano nel loro oratorio la lettiga con Gesù morto prelevata nella chiesa di San Lucifero. Il tempo del dolore, però, è ormai terminato. Al rientro del mesto corteo, subito dopo un breve riposo, l’Arciconfraternita del Santo Cristo si ritrova improvvisamente in festa.
Alle 23.45 sono già state preparate le statue del Cristo Risorto e della Vergine Gloriosa. Gesù liberato da morte viene trasportato processionalmente nella vicina parrocchiale di San Giacomo, dove la messa di mezzanotte celebra fin dai primi istanti la Domenica di Resurrezione.

 

Domenica di Pasqua

Fra le tradizioni sarde legate alla Settimana Santa, ha mostrato maggiore vitalità e risulta ancora conservata in quasi tutti i centri dell’isola quella detta de S’Incontru. “L’incontro” per antonomasia, quello che, secondo i vangeli apocrifi, sarebbe avvenuto subito dopo la sua resurrezione tra Gesù e la Vergine Maria.

La suggestiva cerimonia, a Cagliari, viene celebrata per ben tre volte con minimi scarti di orario, a cura delle tre parrocchie storiche di Marina, Stampace e Villanova. Quest’ultima è quella che solitamente vede il maggiore afflusso di fedeli.

Alle 10,30 della Domenica di Pasqua le statue di Gesù Risorto e della Vergine Gloriosa, uscite rispettivamente dalla parrocchiale di San Giacomo e dall’oratorio del Santo Cristo a Villanova portate a spalla dai confratelli del Santo Cristo, si incontrano alla metà di via Garibaldi. Appena giunte l’una presso l’altra, alla statua del Figlio, secondo l’antico cerimoniale di corte spagnolo, vengono fatti compiere tre inchini o riverenze che la statua della Madre ricambia subito dopo. Quindi, affiancati, i due simulacri vengono portati a San Giacomo, per la celebrazione della solenne messa cantata.
Con circa mezz’ora di anticipo, sull’opposto crinale del colle di Castello, la stessa cerimonia viene celebrata dalla parrocchia di Sant’Anna a Stampace. Alle 10 la Gloriosa, trasportata dalla Congregazione degli Artieri, esce dalla chiesa di Sant’Anna velata di nero; contemporaneamente il Risorto lascia la chiesa di Sant’Efisio in spalla ai confratelli del Gonfalone. L’incontro avviene nel corso Vittorio Emanuele all’altezza del punto in cui, un tempo, sorgeva la chiesa di San Francesco, antico teatro di tutte le cerimonie della Settimana santa del quartiere di Stampace. Qui la Madonna smette il velo nero e cinge una corona imperiale d’argento, in segno di giubilo. Fatte le solite riverenze e posti fianco a fianco, i due simulacri marciano quindi verso la parrocchiale di Sant’Anna.
La mattinata di Pasqua, seguendo un analogo cerimoniale, termina con s’Incontru della parrocchia di Sant’Eulalia alla Marina. Il Risorto è trasportato da volontari in saio nero, figura degli antichi confratelli dell’Orazione e della Morte che avevano sede nella chiesa del Santo Sepolcro; la Gloriosa da altri in sacco bianco con mantellina rossa, veste degli antichi confratelli del Sangue di Cristo della chiesa di Santa Lucia. Punto d’incontro dei due simulacri è la Via Roma, di fronte alla chiesa di San Francesco di Paola. Espletato il cerimoniale del saluto e imboccata la via Napoli, i due simulacri vengono quindi condotti a Sant’Eulalia dove verrà celebrata la messa solenne di mezzogiorno.

 

Lunedì dell’Angelo

Quale vero e proprio interludio alle celebrazioni cagliaritane del periodo pasquale, il Lunedì dell’Angelo, si inserisce la processione votiva con cui l’Arciconfraternita del Gonfalone conduce da Stampace in Cattedrale la statua di Sant’Efisio scolpita dal Lonis.

L’origine della cerimonia rimonta al 1793, quando al martire guerriero fu attribuita la salvezza di Cagliari dall’assedio nel quale era stata stretta dalla flotta dell’ammiraglio francese Troguet, al tempo della grande rivoluzione giacobina.

Il corteo, formato dai confratelli e dalle consorelle del Gonfalone al gran completo, prende avvio dalla chiesa di Sant’Efisio alle otto del mattino. Dopo aver percorso via Sant’Efisio e via Azuni, attraversata la piazza Yenne si inerpica in via Manno. A metà della salita svolta in via Cima per una tradizionale sosta presso il monastero delle Cappuccine. Qui la statua del santo viene deposta ai piedi dell’altare maggiore, di fronte a una grata dietro la quale le monache cantano in suo onore alcuni inni.

La processione riprende infilando successivamente la porta dei Leoni e la porta dell’Aquila, aperte nei baluardi meridionali del Castello. Risalita via Canelles si giunge in cattedrale, dove viene celebrata la santa messa di ringraziamento stabilita dal voto. Dopo il canto dei goccius (laudi), infine, ripercorrendo il tragitto fatto all’andata, il corteo rientra a Sant’Efisio.

 

S’inserru

Gli impegni quaresimali della varie confraternite di Cagliari si concludono ufficialmente nei primi giorni subito dopo l’ottava di Pasqua, dedicati a is inserrus (le chiusure). Le statue utilizzate per i riti della Settimana santa, rimaste esposte alla venerazione dei fedeli fino a quel momento, vengono ricollocate nelle nicchie chiuse con sportelli a vetri in cui aggiungeranno altri dodici mesi ai loro secoli.

Un tempo, come tuttora avviene in Spagna e in vari centri specie del meridione d’Italia, anche a Cagliari questa cerimonia assumeva aspetti di particolare solennità. Oggi l’unica ad averla conservata in forma pubblica è l’Arciconfraternita del Santo Cristo.

Alle 10.30 della Domenica in Albis confratelli e consorelle, in abiti civili, si riuniscono nella parrocchiale di San Giacomo. I simulacri del Risorto e della Gloriosa, dopo una breve processione lungo le strade del quartiere di Villanova, vengono riportati nell’oratorio del sodalizio. Il giorno dopo, in forma semipubblica, tornano entrambi nelle proprie nicchie. Analogamente, nel tardo pomeriggio dello stesso primo lunedì dopo l’ottava di Pasqua, vengono ricollocati nelle rispettive cappelle della chiesa di San Giovanni anche i simulacri del Crocifisso e dell’Addolorata appartenenti all’Arciconfraternita della Solitudine.

 

Curiosità e tradizioni

L’origine e la tradizione di alcuni riti fatti durante la settimana Santa, risale al Seicento.

Alcune componenti sono però più antiche: ad esempio l’uso di esporre nelle chiese Is Nenniris, i piatti riempiti di bambagia in cui il Mercoledì delle Ceneri sono stati seminati chicchi di grano o legumi, poi lasciati crescere al buio. La loro origine è legata al mito fenicio di Adone, che celebrava la morte e la rinascita della vegetazione.

Anche l’usanza de Is Allichirongius de Pasca, ossia le pulizie generali della casa effettuate nei giorni precedenti alla Pasqua, costituiscono l’eredità di antichi riti di purificazione.

Alcune tradizioni raccontano che durante la Settimana Santa, la gente del popolo praticava Is Ascurtus: risalendo la collina del Buon Cammino, prestava ascolto alle frasi pronunciate dai passanti, le univa e dal senso ottenuto traeva previsioni per il futuro.

Come tradizione, è usanza fra le donne sospendere il lavoro di filatura, perché tirare un filo di lana era come strappare i capelli a Cristo. Per lo stesso motivo, veniva persino sconsigliato di lavarsi i capelli.

Leave a Comment

You must be logged in to post a comment.

© 2015 kalariseventi.com All rights reserved

Scroll to top